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Il Museo Piaggio, testimone di storia industriale

Una testimonianza importante del 2009 a Innovation Meeting di Tommaso Fanfani, tra gli ideatori di Museo Piaggio scomparso prematuramente, la cui visione ha anticipato i tempi creando valore e connessione tra impresa e territorio. Ascolta il podcast dell’intervento.

“Il Museo Piaggio nasce da un progetto culturale di un giovane imprenditore allora trentaduenne, Giovanni Agnelli, che nel 1992 chiese di fare degli studi sula storia della Piaggio perché riteneva importante che i suoi dirigenti sapessero la storia dell’azienda e conoscessero da dove venivano. Nasce così l’idea dell’archivio, per raccogliere la documentazione storica necessaria a studiare e ricostruire la storia dell’impresa.

I risultati in termini di realizzazione e organizzazione dell’archivio storico hanno fatto scattare l’idea di realizzare anche un museo storico, un luogo in cui non ci fosse solo la raccolta delle carte ma anche il risultato del lavoro, dell’innovazione e dell’intelligenza aziendale. Contemporaneamente nasce anche l’idea della Fondazione, un ente culturale onlus partecipato al 50% dall’azienda, al 25% dal Comune di Pontedera e al 25% dalla Provincia di Pisa. Questa ripartizione non è casuale ma corrisponde alla volontà dell’imprenditore di creare uno strumento con il quale collegare l’azienda con il territorio, la cultura con l’impresa, perché il mandato statutario della Fondazione Piaggio è quello di promuovere la cultura nel territorio del Comune di Pontedera, in Toscana e nel nostro paese.

Questo è il filo rosso da cui sono nati archivio, museo e fondazione Piaggio. La spinta iniziale è costituita dalla responsabilità sociale: benché nel 1992 ancora non si parlasse di corporate responsibility, Giovanni Agnelli sentiva la necessità di comunicare che un’azienda metalmeccanica non deve essere soltanto propositiva verso i prodotti ma anche nei confronti delle attese della comunità locale, delle persone e di coloro che guardano l’azienda non solo come ente che produce e distribuisce ricchezza ma anche come qualcosa che fa parte del tessuto vivo di una comunità.

Pontedera era una company town in cui il massimo storico di occupazione nel 1983 contava 13.385 dipendenti, in una città che allora aveva circa 16.000 abitanti, quindi si può ben immaginare quale fosse il rapporto tra questo luogo di lavoro e la comunità. I prodotti esposti sono testimonianza dell’innovazione e della creatività di un’azienda nata nel 1884, perdurata per oltre 100 anni e in piena fase espansiva, un’azienda che ha dimostrato di avere i requisiti per stare sul mercato. Ma quali sono i segreti di un’azienda come questa? Studiandone la storia emerge molto chiaramente: valorizzare le persone, dare spazio alla creatività e all’innovazione, responsabilizzare e valorizzare tutti i componenti dell’impresa.

La Vespa è il derivato di questo tipo di approccio: creatività, lavoro, innovazione, organizzazione aziendale, ma anche imprenditorialità illuminata. Nello stabilimento di Pontedera fino al 1946 si producevano aerei P-108 con quattro motori da 1800 cavalli ciascuno, e una volta finita la guerra nasce la preoccupazione di dare lavoro in questo luogo e mantenere la funzione dell’azienda come motore dell’economia locale. Si passa così dalla produzione di un aereo con un’apertura alare di 26 metri a quella di un prodotto che è 2 metri di lunghezza; da quattro motori da 1800 cavalli ad un motorino di 8 cavalli, ed è lo stesso imprenditore, gli stessi ingegneri ed operai che partecipano a questo tipo di processo di trasformazione.

Il Museo Piaggio ha voluto mettere insieme i segni di questa creatività e innovazione non per un fine autocelebrativo ma per creare uno spazio aperto in cui confrontarsi con il design, la tecnologia, la creatività e la capacità di produzione del nostro paese, ma anche con un luogo di appartenenza di un territorio. Il filo rosso è quello dell’innovazione e della capacità di saper crescere anche in un momento di grande crisi economica. Probabilmente da questa storia aziendale può essere tratta una lezione sui valori: si può essere metalmeccanici ma si deve guardare oltre i confini della fabbrica, si deve guardare un mondo che non è solo quello della produzione di ricchezza ma è anche fatto di valori immateriali che derivano da questo tipo di creatività e innovazione. La ricchezza non si misura più con il PIL ma con la vivibilità, il rapporto con l’ambiente e la produzione ecocompatibile, con una filosofia di risparmio delle risorse, e questo è quello che si vuole diffondere da questo luogo.”

 

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