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Data driven approach: l’importanza di essere guidati dai dati. Intervista a Matteo Doveri, Account Manager di HT&T Consulting

Come si è evoluta la cultura dei numeri In era digitale, e qual è lo stato dell’arte quando si parla di strategie data driven? Ne parla Matteo Doveri, Account Manager di HT&T Consulting – agenzia di consulenza digitale che opera da 20 anni – nell’intervista a Space for Pedia.

I numeri guidano l’impresa, governandone i processi e le attività. Se si perdono di vista i numeri si perde di vista la strada da seguire. Ma oggi nelle aziende quanto di ciò che si fa in termini di strategie e processi è effettivamente guidato dai dati?

L’approccio data driven può diventare un supporto determinante al processo decisionale aziendale. Il digitale offre la possibilità di misurare qualsiasi tipo di attività, da quelle pubblicitarie a quelle commerciali, dalla generazione di contatti fino ad attività interne di misurazione dell’efficienza; un approccio data driven permette di sfruttare i dati ottenuti per prendere decisioni più consapevoli.

Promuovere la cultura dei numeri nelle imprese

Nelle web analytics si dice che ogni dato non tracciato è perso, per questo è importante misurare tutto ciò che è misurabile, tenendo conto di due fattori: il primo è la consistenza, cioè la certezza che il dato sia stato tracciato correttamente; il secondo è l’interpretazione, ovvero la correlazione tra i dati. I modi con cui interpretare un dato possono essere anche molto soggettivi: perché la data driven approach sia utile deve essere finalizzata alla visualizzazione del dato. Ciò significa pochi dati, visivamente rappresentati in circostanze di confronto e contesto.

Per fare questo è utile che l’azienda si avvalga di professionisti specializzati che la aiutino a mettere a punto la tracciatura e a capire i principi di correlazione. Con queste basi di partenza un’azienda poi sarà in grado di gestire i propri dati in autonomia e usarli per decisioni più consapevoli e processi di investimento e sviluppo futuri.

L’elemento più difficile e delicato spesso risulta essere la selezione di quali dati riferire a quali figure aziendali. Un CEO vorrà vedere pochi dati mirati relativi a profitto, crescita e magari costi, mentre un responsabile marketing sarà più interessato a capire qual è la quota di mercato o come il suo prodotto o la sua azienda si sta muovendo con quella campagna. Quindi l’importante è portare in evidenza dati specifici per specifici decision maker con il proprio livello di complessità.

Sviluppi futuri: AI Vs Human

C’è ancora molto margine di miglioramento per portare il dato davvero al centro delle attività aziendali. Alla base di tutto c’è sempre la conoscenza, sarebbe dunque utile istituire un “data dictionary”, un dizionario interno alla relazione tra consulente e impresa o interno all’impresa stessa, in modo che si sappia sempre quello di cui si parla.

Allo stesso tempo è determinante anche comprendere la longevità della bontà del dato: negli ultimi anni l’AI ci sta aiutando a modellare i dati in base ai nostri bisogni informativi, per cui se devo fare una pianificazione per la prossima stagione della mia campagna pubblicitaria probabilmente avere a supporto un dato storico relativo a tre o quattro stagioni passate mi permette di avere più serenità nel decidere come investire il mio budget nel modo più corretto.

Ma, sebbene l’AI ci aiuterà sempre di più a gestire i dati e capire quali sono le correlazioni vincenti, la decisione finale resta comunque dell’essere umano il quale, adeguatamente formato e motivato, leggerà tra i dati per interpretarli e prendere decisioni di conseguenza.

 

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